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Arrival : il tema dell’incomunicabilità.

Arrival è stato accolto in modo estremamente positivo tanto dalla critica quanto dal pubblico, affermandosi come uno dei film di fantascienza più importanti dal Duemila ad oggi.

Il film racconta di Louise Banks, linguista di fama internazionale che viene convocata con urgenza dopo l’arrivo di dodici misteriose navi extraterrestri, chiamate ‘gusci’. Per via della sua grande esperienza, il governo vuole che la donna si unisca ad una squadra in Montana, sito dell’atterraggio di uno dei gusci. Qui, la donna fa la conoscenza del fisico Ian Donnelly e del colonello Weber, apprendendo che lo scopo della missione è quello di stabilire una comunicazione con gli alieni, al fine di comprendere il motivo del loro arrivo sul pianeta.

Il loro linguaggio, tuttavia, è estremamente complesso e Louise fatica a stabilire una comunicazione. Con il passare del tempo, però, la situazione mondiale si complica sempre di più. Incerti sulle intenzioni degli alieni, i governi di tutto il mondo si preparano a dichiarare guerra e Louise è l’unica a poterla impedire scoprendo il motivo del loro arrivo.

Giunti alla fine di Arrival si comprende che ciò che gli alieni vogliono offrire alla specie umana è un dono. Questo è il dono della loro lingua, rappresentata attraverso codici circolari. Utilizzando tale strumento, Louise riesce a impedire lo scoppio di una guerra, come anche ad unire l’intera popolazione mondiale sotto il segno di una lingua universale. La comunicazione, dunque, diventa lo strumento attraverso cui dar vita alla pace.

L’arrivo degli alieni è però solo il pretesto per sviscerare il tema dell’incomunicabilità. Lo shock culturale è un insieme di sintomatologie di ansia, paura, smarrimento e confusione dovute all’incontro con una cultura nuova e, in questo caso, incommensurabilmente distante.

In realtà Louise riesce a capire che lo strumento che gli alieni offrono all’umanità è proprio la loro lingua. Il postulato di identità tra le strutture del linguaggio e quelle del pensiero, formulato nella sua forma più compiuta nell’ipotesi Sapir-Whorf è la premessa filosofica di questo sviluppo del film:

«La nostra analisi della natura segue linee tracciate dalle nostre lingue madri. Le categorie e le tipologie che individuiamo nel mondo dei fenomeni non le troviamo lì come se stessero davanti agli occhi dell’osservatore; al contrario, il mondo si manifesta in un flusso caleidoscopico di impressioni che devono essere organizzate dalle nostre menti, cioè soprattutto dai sistemi linguistici nelle nostre menti. 

Noi tagliamo a pezzi la natura, la organizziamo in concetti, e nel farlo le attribuiamo significati, in gran parte perché siamo parti in causa in un accordo per organizzarla in questo modo; un accordo che resta in piedi all’interno della nostra comunità di linguaggio ed è codificato negli schemi della nostra lingua… tutti gli osservatori non sono guidati dalle stesse prove fisiche verso la stessa immagine dell’universo, a meno che i loro bagagli linguistici siano simili, o possano essere in qualche modo calibrati.»

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